Oro Bianco è un opera che prova a guardare al di fuori della propria sfera personale. In un momento di crisi generale, la sfera dell’io e la ricerca personale vengono messe da parte, oscurate da problematiche le cui conseguenze rivelano già da subito effetti impattanti su ambiente, clima, lavoro, sanità e sociale. Con la parola estrattivismo non ci si riferisce solo all’estrazione di risorse naturali, ma ad una precisa modalità di azione del capitalismo fondata «sulla sottrazione sistematica di ricchezza dai territori, combinata con il trasferimento di sovranità sugli stessi, da chi li vive a chi li depreda. Conflitto, violenza, controllo militare del territorio, connivenze politico -corprative in cui Stato e mercato non si distinguono più [...], povertà estrema e ricatto occupazionale, criminalizzazine del dissenso, corruzione sistematica. Tutti questi non sono danni collaterali [...] bensì le condizioni senza le quali l’estrattivismo stesso non prolifera.1
Come altri luoghi nel mondo, la provincia di Massa-Carrara è un emblema angosciante di questo riduzionismo e uno scenario particolarmente chiaro di come funzioni il capitalismo nella sua declinazione estrattivista.
Le immagini parlano da sole. Che si arrivi in provincia da nord o da sud, che si giunga dal mare o dall’entroterra, lo sguardo non può che imbattersi sulle Alpi Apuane, montagne aguzze a pochi chilometri dal mare, per lo più sconosciute nonostante un ecosistema dalla ricchezza unica al mondo con tanto di bollino UNESCO. 2
Montagne meravigliose e fragili perché carsiche: devastate, mangiate, piene di buchi e ferite, talvolta capitozzate, divorate al loro interno come da un mostro per estrarne il marmo e ridurle in polvere. Non abbiamo dunque, nella società capitalista, un caso compiuto e altamente contagioso di possessione? Di possessione collettiva? Un’operazione gigantesca, non già segreta ma a cielo aperto, di manipolazione mentale, d’influenzamento comportamentale attraverso i media, la pubblicità, l’architettura? Non è attraverso lo spirito che siamo in prima istanza incatenati?
Le cose che ci impediamo di fare o di pensare, non sono forse strappate alla radice da un condizionamento permanente e devastante del nostro pensiero? Un militante diceva recentemente che l’attuale problema climatico ed ecologico è, innanzitutto, un problema di ordine psicologico.
È tale la discrepanza fra i nostri discorsi, i nostri valori e i nostri atti, da rientrare a buon diritto nella patologia mentale. Quale forza può indurci a una simile negazione e condannarci a una simile impotenza, se non una sorta di affatturazione?
Il capitalismo non è solo un modo di organizzare il lavoro e la produzione. È un modo di vedere il mondo, di concepire se stessi e la realtà che viviamo, di vivere le relazioni: è un cosmo completo.
Il dominio ed il controllo anziché che la reciprocità, l’individuo come chiuso e indipendente anziché costituito dalla relazione con tutto ciò che lo circonda, la natura-oggetto anziché parte stessa di noi, la violenza partitiva, sono le sue premesse specifiche. Relegare tali questioni all’ambito teorico fa parte del trucco che impedisce di ripensare l’intero sistema e di pensarne altri, nuovi e differenti. L’ecologia radicale, oggi, ha forse la forza di fare ciò che altri paradigmi non sono riusciti a fare in passato, ovvero includere le dimensioni più profonde dell’essere nella lotta politica per la pretesa e la costruzione di mondi migliori di questo. Attraverso le sue lenti, il problema economico e politico diventa ontologico
ed epistemologico. Di fronte all’ecologia, la stregoneria capitalista inizia a perdere pezzi, ad essere meno “naturale”, il cielo di carta si strappa: è evidente anche a noi, oggi, a noi privilegiati, che questo non è il migliore dei mondi possibili e che la realtà, e soprattutto la vita, rispondono ad altre logiche e necessitano altre pratiche.
Carlo Perazzo, antropologo, scrittore, attivista e abitante Carrarino, su un articolo della rivista ALTRAPAROLA “Dal marmo alla montagna. Stregoneria capitalista, estrattivismo ed ecologia nelle Alpi Apuane”, mi aiuta a capire quanto un problema di così ampia scala riesca a ad influire sulla quotidianità della popolazione seppur celato da false narrazioni. Mi accorgo quanto una situazione locale, possa essere specchio di un complesso e più ampio meccanismo di scala mondiale, probabilmente più radicato in occidente con il resto del mondo, in particolare i sud del mondo, appesi come burattini.
La zanna, diventa una sineddoche, un reperto, sim- bolo di una bellezza all’interno della quale sono celate le parti umane più oscure.
[1]L’estrattivismo e il suo modello d’attacco. L’esperienza di Re: Common, Giulia Franchi e Filippo Taglieri, in Epidemia 03, 2020, pp.11-12
[2] Il sito delle Alpi Apuane è Geo Parco UNESCO dal 2011 e Parco naturale regionale dal 1985. Tuttavia è noto che la mappa del Parco è frutto di un compromesso politico tra le istanze ambientali e quelle imprenditoriali, motivo per cui molti bacini estrattivi sono rimasti esterni o definiti “contigui” al parco, ovvero inclusi nella superficie del Parco ma non rientranti nelle aree protette dall’estrazione. Oggi le aree contigue sono 39 con circa 80 cave attive (in totale se ne contano circa 165). Un paradosso: di fatto si tratta di un Parco naturale che prevede al proprio interno un’attività estrattiva dall’altissimo danno ambientale. Tra cavilli burocratici, definizioni ambigue ed esplicite trasgressioni di legge, la tutela ambientale è spesso sottomessa all’attività estrattiva.
Materiali: Marmo/Gesso patinato ad encausto
Dimensioni singola: 120x50x15cm
Carrara 2022